Cavazzona - Comune di Castelfranco Emilia

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Cavazzona



La Bastia
Percorrendo la via Emilia, si può vedere, proprio nel centro di Cavazzona e in fregio alla stessa strada, questo maestoso edificio la cui storia si perde a ritroso nei secoli.
Al di là delle sue funzioni di sentinella del territorio bolognese, la Bastia ebbe il ruolo specifico di stazione di cambio di cavalli a partire dal XVII-XVIII secolo: oltre ad assicurare la sostituzione delle bestie stanche, qui si davano anche fuoco e vitto ai viaggiatori.
Il porticato sulla strada maestra facilitava le operazioni anche in caso di intemperie, mentre all'interno un vasto cortile a cielo aperto permetteva il ricovero delle carrozze nottetempo. Diversi e spaziosi erano gli ambienti adibiti ad alloggio per le famiglie degli addetti alla posta e a ricovero dei passeggeri. Quando il fabbricato abdicò alle sue originali funzioni passò prima ai Cavazza e poi agli Aldrovandi, entrambe nobili famiglie bolognesi.
L'edificio non ha subito rifacimenti e la sua struttura è ancora intatta: un ampio portone ligneo permette l'accesso al cortile interno, resiste ancora il grazioso balcone con ringhiera in ferro battuto, mentre il portico a nove arcate, sostenute da imponenti colonne quadrate, continua ad assicurare al prospetto meridionale le caratteristiche per cui fu costruito.

 


Villa Albergati
All'estremità orientale del territorio comunale di Castelfranco Emilia, in località Cavazzona, rimangono i ruderi di una bella villa cinquecentesca di proprietà dei marchesi Albergati, detta anche "la piccola" per non confonderla con quella più famosa sita a Zola Predosa, nel bolognese.
Purtroppo di questa villa, bombardata pesantemente nel corso della Seconda guerra mondiale, rimane leggibile ben poco, fra rifacimenti artigianali di una sua porzione e macerie dovute alle bombe e a crolli successivi, a causa dei guasti inferti dal tempo. Oggi Villa Albergati, più che per la sua secolare storia e i nobili trascorsi, è nota al grande pubblico perché nei mesi estivi si organizza nel suo parco una delle tante Feste dell'Unità che costellano il firmamento di quest'angolo di Pianura Padana.



Villa e oratorio Beata Vergine Assunta del Porretto
Lungo la via omonima, poco oltre la località di Cavazzona, si offre alla vista questa costruzione d'altri tempi con la sua massiccia struttura, attualmente in precario stato di conservazione. Il complesso è formato dal Palazzo a pianta rettangolare esteso lungo l'asse est ovest, da casamenti di servizio in aderenza all'ala occidentale del medesimo e da un poderoso muro di cinta sui lati meridionale e orientale.

L'edificio, al momento inagibile, si staglia maestoso nella campagna circostante ostentando una torretta a pianta quadrata, ringhierata sulla sommità, in posizione simile a quella che si eleva dalla Villa Stanzani di Sant'Anna di San Cesario: ma a differenza di quella, non si ritiene fungesse da torre di guardia o da bastione adibito a scopi militari, in quanto sembra piuttosto ricoprire funzioni estetiche e di belvedere. Il fabbricato è composto da un piano terra e da altri due; un androne passante mette in comunicazione le due entrate che si aprono rispettivamente sui prospetti sud e nord, nei quali numerose sono le finestre. Non è stato possibile visitarne l'interno per le precarie condizioni di stabilità dei pavimenti, ma è risaputo che splendidi affreschi inerenti battaglie seicentesche impreziosivano le pareti del piano nobile, anche se lo stato di abbandono dell'immobile ha certamente lasciato campo libero alle muffe e ai funghi che stanno sfarinando e sbriciolando anche altre preziose pitture di palazzi dei circondario. 

Della località dei Porretto si ha qualche riferimento toponomastico fin dal periodo medievale, quando si cita un Porrectus in ripa Scullennae, poi un loco qui dicitur Porreto iuxta buschum de Porreto e ancora un Bosco de Porreto apresso Fossa Vechia. Scarse sono invece le notizie relative a una chiesa che sembra esistesse nei pressi e che il can. Della Casa identifica con l'Ecclesia Sanctae Mariae in Prabonino, elencata fra quelle della diocesi di Bologna comandate al pagamento della decima dell'anno 1300. La costruzione del Palazzo la si deve ai Boccadiferro, nobili di Piumazzo, i quali, all'incirca alla metà del XVII secolo, acquisirono in loco diversi poderi, fra cui quelli dei Frabetti, e vi installarono una vasta azienda agricola al cui centro sorse appunto la dimora padronale.

Nella prima metà del '700 tutto il complesso fu acquistato da Giovanni Battista Rampionesi, quindi passò al tesoriere Antonio Gnudi, marchese di Piumazzo, infine alla famiglia dei principi Spada. Nel 1919, poi, la duchessa Olga vendette la tenuta al signor Pio Garagnani. Nell'angolo orientale del palazzo si trova ancora oggi l'oratorio della Beata Vergine Assunta, seppure inagibile come il resto della struttura: costruito dai Frabetti nel 1580 e consacrato dall'arcivescovo di Bologna, cardinale Gabriele Paleotti, ha probabilmente ereditato il titolo dell'antica chiesa citata dal can. Della Casa. Dotato di due ingressi, uno all'interno della corte e l'altro sulla strada pubblica, costituiva luogo privato di devozione ad uso dei proprietari, ma veniva aperto in alternativa anche per consentire a chi lavorava nei campi o passava per la via di rivolgere una preghiera alla Vergine. Vi venivano celebrate funzioni religiose pubbliche nel giorno dell'Assunta, il 15 agosto, in concomitanza con la fiera aziendale che la proprietà organizzava per mostrare i capi di bestiame allevati nei propri poderi: era questo un allegro appuntamento per tutti coloro che operavano nella tenuta, a cui si associavano anche numerosi piumazzesi che non tralasciavano l'occasione di una spensierata scampagnata verso la prestigiosa dimora.

 

 

 

 

 

 

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